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Perché non possiamo essere liberi, parte I – diritto ad apparire

13 Gen

La parola “Libertà” è tornata di moda, di questi tempi. Succede sempre quando scoppiano bombe o si spara e ci si ammazza, e spiace tanto per i Cristi presi in mezzo, ma…

…nessuno si è accorto che la libertà non c’è più da mo’?

Pensiamoci, a cosa associamo la libertà? Alla possibilità di vivere secondo le nostre convinzioni e le nostre scelte, senza ledere con esse quelle degli altri; alla possibilità di esprimere le nostre idee; di professare un credo religioso; di non avere il timore che qualcuno ci privi dei nostri diritti; di fare ciò che vogliamo della nostra vita. Alla scelta in quanto tale, di agire, fare ed essere rispettando l’unico vincolo che sancisce il termine della nostra libertà, vale a dire l’inizio di quella del nostro prossimo.
Pie illusioni tutte quante, buone per adolescenti con la testa piena di grilli e idealisti in ritardo, perché tutt4e queste aspettative sono disattese e in realtà noi non possiamo scegliere, perché ciò che non ci ha tolto la legge e il controllo, lo hanno fatto la consuetudine e la paura.

Vorrei partire da uno spunto davvero banalotto: noi non abbiamo ad oggi la libertà di apparire, e di conseguenza non abbiamo la libertà di essere. In Nord Corea il regime ha stabilito le pettinature che i cittadini possono portare, qui lo ha fatto la società, insieme a ciò che ti devi mettere addosso per essere degno di considerazione. E questo mi fa incazzare.

Patatine coreane con pettinatura standard; io adoro le orientali, ma questo piattume mi mette tristezza…

Capiamoci: è già sufficientemente deprimente essere considerati vecchi, per il mondo del lavoro, a 25 anni; se ancora mi pretendete vestito in un certo modo, combinato in un certo modo, magari con giacca e cravatta tutti i giorni…macheccazzo, devo venire a lavurà o devo fare la sfilata di moda? Fatte salve decenza e pulizia (anzi, teniamo solo la seconda, dato che la prima è figlia del nostro tempo mentre un culo o una testa che puzzano sono la stessa sgradevole cosa sia nel 2012 che nel 1012) tu mi giudichi in base a come appaio, e non per quello che so fare???

Torniamo al discorso-capelli: sono un classico nel pool di frasi fatte di ogni madre di ogni età, perché sono sempre (cazzo) troppo lunghi o troppo corti (e lo diceva già J. Ax). Mai che vadano bene. Barba idem, anche se quella sembra già essere più sdoganata. Per fare il discorso al personale, io voglio fare l’esperimento di conciarmi rasta quest’estate, per nessun’altra motivazione che non sia perché si, e poi vedere che succede. Non prima, e perché no? Perché il mio dirigente scolastico non ne sarebbe contento, non ne sarebbero contenti i colleghi, forse gli unici che la prenderebbero bene sarebbero i ragazzi perché un prof jamaica non si vede tutti i giorni. Ma i genitori?
Mi vergogno di me stesso ma ho paura di farlo. Fino a quando avrò l’incarico, cioè fino al 6 di Giugno. Dopo, visto che andiamo verso l’incertezza più totale (grazie Renzi, maledetto figlio di [antica città dell’Ellesponto]) chissà, ma adesso non posso farlo perché temo le reazioni. E come me, credo ce ne siano tanti di voi che vorrebbero fare qualcosa per il loro look, ma non possono. Questo vi fa stare sereni?

Altra cosa ancora più odiosa: a quanti di voi è capitato, durante un colloquio, di sentirsi chiedere: “lei ha tatuaggi”? Magari accompagnando la richiesta con occhiate indiscrete – tipo stalker arapàto – a collo e polsi…a me una volta hanno pure chiesto di tirare su le maniche della camicia e mostrare le braccia. Ma scherziamo? Ma che cosa sono, un eroinomane a cui devi fare la mappatura dei buchi? Che poi, il corpo tatuato è bello se i tatuaggi sono fatti bene: maschile e femminile fa lo stesso. È bello è basta. Perché bisogna associare il tatuaggio al delinquente generico, solo perché una volta se li facevano soltanto i galeotti? Quella della pittura corporale è una tradizione antichissima e averla associata alla delinquenza…non so, la trovo un’asinata prima ancora che una tristezza infinita…

Riflettete vi prego sullo spunto banalotto: noi non siamo neppure liberi di apparire, e lo stesso ci mettiamo in bocca la parola “libertà”, fintantoché il ricordo di una sparatoria o di una bomba non si affievolisce dalla nostra mente (fino al prossimo shoot-out s’intende!). Non parlo di chissà cosa, ma del puro e semplice look.

Perché non possiamo mostrarci come desideriamo?

Perché ogni stronzo che passa fa a gara a giudicarci pensando di avere la verità in tasca, quando ha soltanto consuetudini stantie e senza fondamento? E quanti di voi rinuncerebbero alle sicurezze dell’impiego e dell’accettazione sociale per essere come desiderano?

Fatemi sapere se credete. Altri spunti, banali e non, seguiranno.

 
3 commenti

Pubblicato da su 13 gennaio 2015 in Fuffosità, Generale

 

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3 risposte a “Perché non possiamo essere liberi, parte I – diritto ad apparire

  1. Giulia

    9 febbraio 2015 at 23:07

    Perchè tanto sapevo che mi avresti riconosciuta comunque :) In realtà, da quanto ho letto nella presentazione di questo blog, la pensiamo in modo simile quasi su tutto; ad esempio, il primo paragrafo, se cambiassi nome e età, parlerebbe di me xD

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  2. Anonimo

    8 febbraio 2015 at 00:18

    Fatti i dreadlocks che sono fighi a priori. Io me ne fregherei dei dirigenti scolastici, degli altri insegnanti e dei genitori: se in tutti questi anni della loro vita non hanno ancora imparato a giudicare una persona per le sue capacità e non per i suoi capelli, allora hanno sprecato tempo.
    Quando mi sono tinta i capelli per la prima volta (nero e viola) mia nonna non mi ha parlato per due giorni, ma poi si è abituata, me li sono fatti arcobaleno (2 volte) e poi blu, adesso sbiadito verso l’azzurro (il prossimo colore probabilmente sarà verde). La vita è troppo breve per avere dei capelli normali xD
    E poi quella cosa del dover mostrare le braccia a un colloquio mostra quanto il mondo sia un posto assurdo.

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    • Cal Mood

      8 febbraio 2015 at 08:35

      Ciao :) perché ti sei messa anonima? è un bel commento questo ;) mi piace, tu e io la pensiamo in modo simile.

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